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NON È UN PAESE PER GIOVANI

DIRECTOR GIOVANNI VERONESI

 PRODUCTION PACO CINEMATOGRAFICA

PRODUCTION DESIGNER ANDREA CASTORINA

SET DESIGNER MARCO MARTUCCI

LOCATION ROMA CUBA

Sandro e Luciano fanno i camerieri in un ristorante ma coltivano sogni più grandi: Sandro, figlio di un edicolante pugliese che si improvvisa fruttivendolo abusivo, vorrebbe diventare uno scrittore, mentre Luciano, figlio di un giornalista, vorrebbe vedere i suoi orizzonti allargarsi, anche se non sa bene in quale direzione. È Luciano a trovare l'occasione giusta per entrambi: la possibilità di aprire il mitico chiringuito sulla spiaggia a Cuba, dove il mare è trasparente e la connessione Internet è centellinata dallo Stato. A Cuba i due amici troveranno ad aspettarli Nora, un'espatriata italiana stramba ma a suo modo autentica e profonda.

L'idea di Non è un paese per giovani è nata dall'esperienza di Veronesi a Radio 2 con la trasmissione omonima (condotta insieme a Massimo Cervelli) che lo mette in contatto con i ragazzi espatriati per trovare quel lavoro che in Italia, almeno per loro, non c'è più.

Il problema paradossalmente è proprio la ricchezza delle testimonianze che Veronesi ha raccolto (alcune delle quali vengono riportate in video all'inizio e alla fine del film) e che il regista e sceneggiatore (insieme a Ilaria Macchia e Andrea Paolo Massara) cerca di convogliare tutte in un unico film. Ci sono almeno quattro trame all'interno di Non è un paese per giovani, ognuna delle quali avrebbe meritato un film a sé: la storia di Sandro, quella di Luciano, quella di Nora e anche quella di Euro60, un emigrato siciliano interpretato da Nino Frassica con la consueta capacità di rubare la scena a tutti gli altri.
Non è un paese per giovani ricorda da vicino L'estate addosso di Gabriele Muccino sia per la libertà creativa che l'excursus cubano ha regalato ad entrambi i registi, sia per una sorta di cannibalismo involontario nei confronti dei soggetti che entrambi i film raccontano: le storie dei ventenni di oggi andrebbero raccontare dai loro coetanei con una videocamera in mano, e invece sono due registi cinquantenni ad averne la possibilità e il privilegio, in qualche modo succhiando la linfa vitale dai loro giovani protagonisti per trasformarla nel proprio rinnovamento espressivo. È un vampirismo di cui né Muccino né Veronesi sono consciamente colpevoli, e non dubitiamo delle loro buone intenzioni: ma davvero questa Italia non è un Paese per giovani nemmeno a livello di industria cinematografica

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